Il nome di Spiazzi era diventato noto agli inizi degli anni Settanta perché protagonista delle inchieste sugli ambienti dell’estrema destra eversiva, in particolare dell’inchiesta sul “Golpe Borghese”. Vicenda per la quale l’allora tenente colonnello venne arrestato, ma assolto in appello e definitivamente scagionato in Cassazione nel 1986. Il nome di Amos Spiazzi entrò anche nelle pagine dell’inchiesta sulla strage alla questura di Milano.
Figura controversa quella di Spiazzi. “Golpista” e colluso con le trame nere venete di Ordine Nuovo, per il giudice Guido Salvini, che lo portò davanti al tribunale, era la chiave per capire tanto di quel che era accaduto in Italia. Questo per il giudice Salvini. Mentre per il capo del controspionaggio, Maletti, Spiazzi era “un uomo pieno di entusiasmo, professionalmente ottimo, politicamente però un lattante, un vero ingenuo”.
Passano gli anni, uno dopo l’altro scompaiono i protagonisti di quelle vicende e con loro la possibilità di avere la fetta importante di verità su quegli anni. Resta una certezza, che dietro le stragi “fasciste” di piazza Fontana e piazza della Loggia c’era un livello più alto, quello di chi voleva che nel nostro Paese si scongiurasse un governo anche lontanamente influenzato dalla sinistra. Sullo sfondo, l’idea di Italia che avevano gli americani e per la quale gli americani lavoravano, con ogni mezzo. Salvini lo aveva ricostruito nella seconda istruttoria su quei fatti. Maletti lo ha ribadito nel libro “Piazza Fontana, noi sapevamo”. Amos Spiazzi lo ha sempre sostenuto. Un giudice, l’ex capo del controspionaggio e un generale che sostanzialmente arrivano alla stessa conclusione.
Verona. Qui, collegata al comando Ftase di via Roma, era operativa una cellula della Cia, che aveva il compito di “incoraggiare” e sostenere le operazioni degli ordinovisti veneti. Due anni fa proprio Spiazzi: “In quel Comando non ci ho mai messo piede. Sono profondamente antiamericano. Ho sempre evitato contatti con loro. Ma che quel nucleo fosse attivo è una cosa di cui sono convinto”. Convinzione, stessa convinzione di tanti, ma la convinzione non è una prova. A trovarle ci aveva provato il giudice Salvini. Aveva recuperato alcuni nomi, registrato il racconto di alcuni pentiti, ma si era scontrato col muro di gomma alzato dalle autorità statunitensi. Lavoro difficile, impossibile quello del magistrato. Eppure, pentiti avevano raccontato della collusione tra l’Os, l’organizzazione di sicurezza che in Veneto faceva capo a Spiazzi, e alcune frange di Ordine Nuovo, quelle “attenzionate” dal governo Usa per mantenere un certo ordine in Italia. Aveva negato Spiazzi:”Non era così – aveva detto al Corriere di Verona – l’Os era una struttura “statale” in cui io avevo il compito di reclutare chi, una volta uscito dall’esercito, voleva essere attivo nel momento in cui si fosse delineato un pericolo per lo Stato. A differenza di Gladio che aveva un proprio arsenale, noi non eravamo armati. Le armi ci sarebbero state date dai carabinieri una volta che il pericolo fosse stato tangibile. E nella mia “legione” non c’erano ordinovisti. Sfido chiunque a trovare nell’elenco di quei cinquanta uomini qualcuno che sia stato vicino a Ordine Nuovo. In quegli anni Ordine Nuovo in certi ambienti faceva clamore, aveva un certo peso come unica formazione di estrema destra. Non escludo che qualcuno simpatizzasse, ma niente di più”.
Su Piazza della Loggia Amos Spiazzi aveva respinto tutte le accuse del giudice Salvini, contestato le ricostruzioni del magistrato. “Ancora adesso ogni tanto mi chiama un giudice e mi chiede dov’ero il 28 maggio del 1974 (il giorno della strage di piazza della Loggia, a Brescia, ndr) – aveva avuto modo di dire Spiazzi – Quando gli dico che mi trovavo a Padova con il mio amico Rachis, vogliono sapere chi è. E io devo spiegare che è il ragno che viveva nella mia cella…”. Assolto e reintegrato nell’Esercito, questo è Amos Spiazzi. Ed anche questo:”Che Ordine Nuovo potesse avere contatti con gli americani è abbastanza scontato. A Verona c’era Marcello Soffiati che girava con tanto di cartellino con la scritta Cia.”.
“Legame” del quale Spiazzi era sempre stato convinto. Nel “Mistero della Rosa dei Venti”, sulla strage di piazza Fontana ha scritto:”Non si conoscono ancora mandanti ed esecutori… Ma a chi giovava la strage? A quei politici che il potere volevano conservare ad ogni costo con la benedizione dei loro protettori d’oltreoceano e soprattutto della Cia…».
Fonte Globalist