La buona notizia è che presto sarà possibile rimuovere le nostre foto taggate, ovvero con tanto di nome e cognome, sia nella nostra bacheca che in quella degli amici, e degli amici degli amici.
Sì, perché spesso una immagine viene copiata e condivisa all’infinito e ne perdiamo le tracce, oppure qualcuno di nostra conoscenza può decidere di pubblicare su Facebook una nostra foto senza chiedere il permesso. Ora potremo facilmente cercare le immagini, chiedere ai nostri amici virtuali che vengano rimosse, e se questo non accade basterà segnalare l’abuso. Questo nuovo strumento – rintracciabile nella parte chiamata “Registro attività” servirà ai genitori per aiutare i propri figli a togliere una volta per tutte post e immagini che potrebbero danneggiare la privacy, o magari finire nelle mani di compagni di scuola pronti a diventare cyber-bulli.
Il rischio coinvolge il 90% dei ragazzi italiani. Questa è infatti la percentuale di adolescenti che naviga nel web almeno una volta al giorno. Il 98% di questi possiede un profilo nei social network ma quasi nessuno comprende che caricare una foto o raccontare dettagli della propria vita privata potrebbe danneggiare la propria reputazione online: quasi un decimo dei giovani utenti è vittima di prevaricazioni, scherzi pesanti o peggio. A questo proposito è nata addirittura una associazione di “cybergenitori” che studia le modalità per proteggere i figli dal cyber-bullismo senza arrivare a spiare i profili, mentre è online il progetto dell’Unione europea “Tabby in Internet” dove è possibile fare un questionario per capire il livello di rischio che corrono i giovani in rete.
Il nuovo pulsante sulla privacy non è ancora comparso in alto a destra nelle bacheche italiane. Il quartier generale di Facebook fa sapere che per cambiare la grafica di oltre un miliardo di profili sarà necessario ancora qualche giorno. La novità principale consiste nel fatto che per ogni nostra azione facebookiana ci verrà chiesto a quale platea desideriamo rivolgerci: se soltanto agli amici, oppure anche al resto del mondo digitale.
Fonte Huffingtonpost