RELAZIONE DETTAGLIATA. Tuttavia, la relazione dei ‘sorveglianti’ privati, per essere attendibile, deve essere molto puntigliosa.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, invece, i detective ai quali si era affidato il salumificio ‘Cesare Fiorucci spa’, per controllare che una dipendente facesse il ciclo di cure per il quale aveva il permesso, avevano lavorato in modo approssimativo, perchè non erano andati alle terme tutti i giorni, non erano in possesso del numero di targa della macchina della lavoratrice e non la avevano nemmeno mai vista di persona.
CONDANNATA IN PRIMO GRADO. Si erano semplicemente appostati all’ingresso dello stabilimento termale, un giorno sì e uno no, dopo aver visto una foto della donna e avevano compilato un report nel quale sostenevano di non aver mai visto la lavoratrice nel luogo di cura.
Nonostante in primo grado la signora fosse stata licenziata, successivamente la Corte di Appello di Roma, con decisione del 2009, ne ordinò il reintegro, affermando che «le testimonianze dei due investigatori non erano sufficienti a corroborare l’assunto datoriale della ingiustificata assenza assenza della lavoratrice dal luogo di lavoro per mancata fruizione delle cure termali, per le quali aveva ottenuto il permesso retribuito».
LE TESTIMONIANZE DEI LAVORATORI DELLE TERME. Per la Cassazione, ha maggiore credibilità la dichiarazione del direttore dello stabilimento termale, che aveva certificato le cure somministrate all’imputata e le testimonianze dei dipendenti delle terme, che affermavano di averla vista nei giorni del ciclo di bagni e fanghi.
Fonte Lettera43