WASHINGTON – Dozzine di missioni di droni. Una sorveglianza attenta con i satelliti spia. Possibili incursioni di aerei da spionaggio U2, quelli della guerra fredda. Monitoraggio dei siti sensibili. Raccolta di comunicazioni e contatti attraverso la grande rete elettronica della Nsa. E probabilmente lavoro sul terreno, affidato a informatori locali. Negli ultimi due anni la Cia ha accresciuto l’attività di intelligence sul programma nucleare iraniano. Un’operazione coordinata da una nuova struttura conosciuta come «Persian House» (casa persiana) dove sono confluiti decine di esperti. A guidarla un alto funzionario con una lunga esperienza in aree delicate.
IL DRONE – Le missioni di spionaggio statunitensi (e israeliane) non sono certo un segreto. Non solo per le montagne di articoli scritti sull’argomento ma anche per prove tangibili. L’esplosioni negli impianti militari ne sono il primo esempio: probabilmente atti di sabotaggio condotti insieme a oppositori iraniani. Poi c’è stato il famoso episodio del sofisticato drone «Sentinel» catturato, intatto, dagli iraniani. Il velivolo senza pilota è probabilmente finito al suolo per un’avaria e i pasdaran lo hanno ritrovato. Una preda di guerra mostrata in pubblico. L’incidente ha portato alcuni ufficiali a chiedere l’installazione a bordo di un sistema di autodistruzione nel caso si perda il contatto con il drone. Ma la Cia si è opposta sostenendo che l’apparato poteva compromettere la funzionalità del Sentinel.